Il Monte Emilius (3559 m)  

INFORMAZIONI GENERALI 

 

Come arrivare a Pila:
In Autostrada A5 Torino-Aosta (99 km), uscita Aosta Est si segue la strada regionale in direzione Pollein-Charvensod-Pila. (Vedi cartina)

La prima ascensione alla vetta dell’Emilius,  riportata da alcuni documenti, è attribuita al dottor Laurent Cerise che la espugnò all’età di 16 anni nel 1823 con alcuni suoi amici, fra cui G.B. Defey. Si ipotizza che nel passato anche pastori e cacciatori abbiano conquistato questa cima. Nel 1826 fu scalato dal canonico Georges Carrel (1800 – 1870), soprannominato “l’amis des Anglais”, l’amico degli Inglesi. Questo appellativo gli fu attribuito perché i primi turisti dediti alle ascensioni erano soprattutto Inglesi e si indirizzavano al Canonico per arrampicarsi su quelle vette. E’ dal 1839 che il Mont Emilius ha questa denominazione; prima, era chiamato “Le pic de dix heures”. Secondo alcune ricostruzioni, nel 1839 Emilie Argentier, una giovane di 14 anni, scalò la vetta e in suo onore Georges Carrel propose di ribattezzare questo monte col nome di “Emilius”. Nel 1871, dopo la morte del canonico, si pensò di rinominarlo nuovamente con il nome di “mont Pie”, in onore del Papa Pio IX; ma, anche se bene accolta, la proposta non ebbe seguito.
Questa cima, come quella della Becca di Nona, è sormontata da una statua della Santa Vergine. Il 5 settembre 1871 ne fu sistemata una a grandezza naturale in larice. Il destino di questa statua è ignoto: forse un fulmine o altre cause ancora hanno reso necessario riposizionarne un’altra. Era il 1 agosto 1954 quando si decise di installarne una nuova, in marmo, più piccola. Furono gli “Scout” di Aosta a portarla fino alla vetta e, a causa del suo deterioramento, a sostituirla nuovamente nel 1959. Quest’ultima statua, ancora in buone condizioni, è dotata di parafulmine.
Dalla sommità dell’Emilius, nei giorni in cui il cielo è particolarmente limpido, è possibile vedere il mare che bagna la Liguria.  dal sito del Comune di Charvensod

 

Nel calendario escursionistico della nostra sezione come escursione di fine estate c'è stato inserito l'escursione al Monte Emilius .
 Il Monte Emilius è una montagna delle Alpi Graie, situata in Valle d'Aosta, proprio nelle immediate vicinanze di Aosta. Interessa i comuni di Gressan e di Charvensod.
Secondo alcune ricostruzioni deve il suo nome in onore di una giovane scalatrice di nome Emilie Argentier che superò la cima nel 1839.
Dalla sua vetta è possibile vedere, con un salto di tremila metri, il capoluogo valdostano e, in direzione sud, in condizioni di buona visibilità, anche il mare della Liguria. ( dal sito Wikipedia, enciclopedia libera)

Dunque ci ritroviamo alla sede della sezione a Ripa di Versilia, siamo in quindici all'ultimo due escursionisti hanno dato forfait.
Partiamo direzione Genova, Alessandria, Santià, Aosta, vi giungiamo abbastanza presto e senza inconvenienti.
Seguiamo l'indicazioni per Pila e dopo una serie di circa 15 chilometri di curve vi giungiamo; potevamo salire sin quì con la cabinovia ma pensando al ritorno e che l'ultima corsa della funivia che porta a Pila è alle 17,00 abbiamo deciso di non correre rischi.
Eccoci quì sul piazzale davanti alla seggiovia tutti belli baldanzosi con i nostri zaini sulle spalle e pronti a partire, biglietti alla mano saliamo sulla seggiovia assieme a dei temerari biker che salgono con questo mezzo con le loro biciclette e poi scendono vertiginosamente su una pista in mezzo agli alberi , che anche se imbottiti non deve essere piacevole scontrarci contro.
Pensavamo di pranzare all'arrivo dell'impianto ma poi ripensandoci è meglio che prima affrontiamo la salita al colle dello Chamolè.
Dunque via si parte, il sentiero ( segnavia 19 A) parte proprio davanti all'arrivo della seggiovia, il primo tratto e tra abeti e rododendri che ormai in questa stagione sono sfioriti, moltissimi gitanti percorrono la nostra stessa via e dopo pochissimi minuti capiamo il perchè, giungiamo su un ampia spianata dove trova posto il lago Chamolè ( 2311mt.), sembra di essere sulla spiaggia, moltissimi sono chi è venuto per abbronzarsi, chi si dedica alla pesca e chi usa l'aree attrezzate per pic nic con barbecue.
Superato il lago inizia la salita, non è molto ripida ma comunque così a freddo da un pò fastidio, ma siamo ripagati dallo splendido paesaggio, in particolare ammiriamo il Monte Bianco e il Cervino.
Bè pian  piano attraverso una lunga seri di serpentine giungiamo al colle dello Chamolè (2641 mt.).
Giunti al colle vediamo sotto di noi si apre la grande conca dell'Arbolle, sulla destra parte il sentiero per il Tete Noir (2815 m) e molti di noi hanno deciso di salire anche questa vetta, a chi vi ci è salito era stato promesso uno splendido spettacolo e così è stato.
La discesa verso l'Arbolle si snoda su una cengia molto ripida sul fianco della Testa Nera.
La vista si inasprisce di colpo, trovandosi a capo di un vallone sassoso, appena ingentilito dalla foggia del Lago d'Arbolle e dai prati del bordo settentrionale del catino. Il resto è tutto una serie di sfasciumi che riescono a condividere la loro esistenza con tratti erbosi.
Giungiamo al rifugio (2.507 m.), e adesso il primo pensiero è per il pranzo poi ci sistemeremo.
Polenta e carbonada oppure polenta concia questo il menù; e sia, pur che si mangi.
Ci sistemiamo in quattro per camera, sono camerette ben arredate e di recente installazione, l'intero rifugio è ben tenuto, poi ci dedichiamo alla scoperta del territorio intorno, alcuni vanno ad esplorare l'inizio del sentiero che percorreremo l'indomani.
Tra una passeggiata e una chiacchiera giunge l'ora di cena, buona ma non abbondante; si fanno le 22,00 èd è proprio ora di andare a dormire, domani ci aspetta una giornata davvero dura!
Puntuale la sveglia ci desta da una notte passata decentemente i russatori si sono mantenuti!

Subito colazione e operazioni di toilette.
Stranamente siamo puntuali alle sette dovevamo partire e alle sette siamo partiti, bene, buon auspicio per la nostra escursione.
Prendiamo il sentiero n° 102 / 14 che costeggia la sponda del lago salendo leggermente.
 L'ambiente è sempre più  selvaggio, costantemente inasprito dall'insorgere delle creste che si ergono a baluardo difensivo di questo lontano angolo. E' degna di nota la tetra forma dello spartiacque che porta alle pendici della Punta Garin, la cui regolare piramide domina il fianco destro del vallone, alle spalle lasciamo la Vallettaz, mentre alto e ben distaccato alla sinistra, finalmente l'Emilius.
Man mano che saliamo il paesaggio si fà sempre più selvaggio e il sentiero di terra viene sostituito da sempre più detriti di vecchie morene, giungiamo a un trivio dove sono segnalati i sentieri 102, 14 e 17b; noi prendiamo il 14 dopo aver fatto un pò il punto.
Certo che a guardarsi intorno sembra di essere quelli che saranno i primi esploratori di marte o qualche altro pianeta, allo sguardo solo rocce e soltanto rocce, neanche un filo d'erba!
Finalmente giungiamo al Lago Gelato (2.956 m.) , bacino posto esattamente sotto il contrafforte Sud-Ovest dell'Emilius, la cui presenza ingentilisce ed arricchisce la grezza costa rossiccia, sulla vetta dell'Emilius vediamo brillare la statua della Madonna e sembra che ci dica: " Venite, sù, vi stò aspettando!"
Alla nostra destra notiamo il Col d'Arbolle di 3154 mt. mentre sulla sinistra abbiamo i  pinnacoli rocciosi molto evidenti, è il Col des Trois Capucins, 3.241 m., la vera porta d'ingresso all'Emilius.
Da quì inizia la vera salita e il gruppo si divide sostanzialmente in due, anche la quota comincia a pesarci sulle gambe.
Enormi massi color ruggine si sovrappongono incessantemente il colore diventa uno solo, solo le chiazze di neve sulle Punte Rousses e sul Colo d'Arbolle danno un che di diverso.
Camminiamo su morena che si impenna sempre di più e giungiamo ad un bivio e ancora una volta dobbiamo fare il punto, dunque il sentiero n° 102, quello che sapremo poi essere il sentiero della Via Francigena, conduce al Col d'Arbolle, mentre noi dobbiamo seguire le pennellate gialle e il sentiero n° 8 che porta al Col des Trois Capucins.
 Dapprima lungo una traccia accettabile, poi perdendosi nella solita smisurata pietraia, segni gialli e qualche ometto indicano la retta via che, dapprima discende leggermente, per poi impennarsi in modo brusco. 
Accidenti la quota si fà davvero sentire!
Giungiamo al Colle (3241 mt.) è stata dura ma la vista che si ha già di quà è meravigliosa, ovunque creste e vette, conche punteggiate di laghi.
Facciamo una sosta per riprendere le forze, guardiamo verso l'alto e ci appare la vetta dell'Emilius  trecento metri più sù leggermente reclinata verso nord.
Eccoci pronti ripartiamo, affrontiamo una breve traversata su passaggio leggermente esposto e seguiamo i segni gialli che passano sul filo di cresta; ogni tanto sfugge all'anonimato della pietraia costringendo ad elementari passaggi di I° grado ma niente di più.
Il terreno naturalmente è roccioso ma alcuni fiori molto tenacemente hanno preso dimora anche a queste quote e con i loro colori rompono la monotonia del monocolore formando piccole aiuole in miniatura, ranuncoli glaciali, gelsomini alpinigenziane verna semprevivo montano e ragnateloso e molti altri una vera gioia per l'occhio e per la mente, infatti ci distraggono dall'asperità della salita.
Procediamo lentamente la salita e la quota unite assieme si fanno veramente sentire ma ad un tratto sembra che la salita degradi e all'improvviso eccoci lì in vetta al cospetto di quella madonnina che ci stava guardando già dal mattino e per prima cosa andiamo a rendergli omaggio e poi ci dedichiamo ad ammirare il panorama, panorama che purtroppo data la molta foschia non riusciamo a vedere molto bene, ma ci accontentiamo di distinguere il bianco, il Gran Paradiso, la Grivola, il monte Rosa e pensare che si dice che in giornate particolarmente terse si riesce a veder anche il mare.
Ciò che però fa grande l'Emilius sono le vicine punte che, viste dalla conca di Aosta, svettano al suo pari, ma che scompaiono una volta rimirate dalla cima. 
La Becca di Nona è poca cosa, la Garin è un innocuo trapezio, la cresta delle Roueses, Grand e Petit, terminano basse con il lento digradare a valle della Becca di Salè. La Tersiva è la sorella più prossima, che sbuca prepotente dietro la Leppe. Assolutamente insignificanti la Punta di Laures e le Rousses, immediatamente avanti in direzione sud. Soltanto la Grivola mantiene la sua dignità al pari del Gran Paradiso, il quale si presenta conteso tra le nuvole, con il ghiacciaio della Tribolazione in buona evidenza.
A nord, bassissima, la conca di Aosta: ci sono tremila metri di dislivello! Esattamente sotto i nostri piedi il selvaggio vallone dell'Arpisson, con uno dei due versanti Nord. Non si riesce a scorgere il ghiacciaio che prende il nome dal vallone stesso. Ancora più spettacolare lo spicchio NE; stretto tra due poderose creste, si erge praticamente verticale dal piccolo ghiacciaio di circo. Mentre la cresta di sinistra delimita il versante est del vallone d'Arpisson, quella di destra chiude verso il Lac en Bas de Laures disegnando una traiettoria impreziosita da roccioni in pieno stile gotico. Avvistato il rifugio privato Menabreaz, il panorama prosegue gustando il Lac Long ed il Lac en Haut de Laures. Vista da qua sopra la zona dell'Emilius appare come uno straordinario altopiano, ricco di montagne, di contrafforti, di laghetti. (foto dal sitoValle d'Aosta Outdoor )
Dopo circa mezz'ora dai primi arrivati giungono anche quelli del secondo gruppo e di nuovo strette di mano e baci complimentandoci per l'impresa fatta; ancora foto di gruppo e lasciamo il nostro segno sul quaderno di vetta e purtroppo pensando che la seggiovia chiude alle 17,00 dobbiamo riprendere la via del ritorno con qualche mugugno degli ultimi arrivati ma davvero non potevamo far diversamente.
Per la discesa abbiamo percorso il sentiero più battuto che corre leggermente a sinistra della cresta sud. Tornati al Col des Trois Capucins, la discesa sembra interminabile.
Raggiungiamo il Lago Gelato e quì avremmo dovuto aspettare il resto del gruppo ma non ci sembrava logico aspettare lì per poi rimetterci in marcia tanto valeva continuare la camminata.
Ripercorrendo il percorso a ritroso ci sembra più lungo che al mattino, la stanchezza nelle gambe si sente e come, ci voltiamo, diamo uno sguardo ancora alla vetta e non ci sembra vero che poco fa eravamo lassù, un saluto alla Madonnina e ai Tre Cappuccini e via si riprende la via.
Finalmente intravediamo la Vallettaz con il torrente Conbè, siamo vicini! Costeggiamo il lago ed ecco spuntare il tetto del rifugio, sono le 14,00.
Chi una bella birra, chi un tè,  chi un caffè,  prendiamo d'assalto il bar del rifugio e poi via gli scarponi restiamo seduti fuori a gustarci queste bevande.
Purtroppo il gruppetto che è rimasto dietro arriva quando non c'è molto tempo per indugiare e siamo quasi costretti a ripartire quasi immediatamente, non potevamo correre il rischio di rientrare a Pila a piedi, affrontare ancora cinquecento metri di dislivello erano davvero troppi.
Ripartiamo con passo lento e cadenzato affrontando la ripida cengia del Tete Noir sino ad arrivare al Colle di Chamolè da quì vediamo il lago ed ormai ci rimane solo una passeggiata per raggiungerlo.
Alle ore 15,00 siamo al bar della Seggiovia a gustarci una fresca birra e scambiarci le ultime impressioni. 
Questa montagna è sicuramente una montagna importante da segnare sul nostro taccuino delle escursioni, molto lunga con pendenze molto accentuate,anche se solo nel tratto finale dai 300 in su.
Tutta questa fatica è sicuramente appagante per la vista e i paesaggi da noi visti e se il tempo fosse stato perfetto chi sa che goduria per gli occhi.
Naturalmente và affrontata con sufficiente allenamento, 3559 mt sul livello del mare non sono uno scherzo, inoltre bisogna essere pienamente equipaggiati  la quota è importante e qualsiasi forma di civiltà è ben lontana (rifugio Arbole a parte).
In quanto noi siamo felici di come sono andate le cose e già pensiamo alla prossima avventura.


Foto escursione

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