27/08/2023 Monte Pelato, calata dall'Occhio dell'Altissimo e sentiero della Tacca Bianca

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L’Altissimo nella poesia  Il monte ispirò anche il poeta Gabriele d’Annunzio

“Il Peplo Rupestre”
Mutila dea, tronca le braccia e il collo,

la cima dell’Altissimo t’è ligia.
È tua la rupe onde alla notte stigia
discese il bianco aruspice d’Apollo.
La cruda rupe che non dà mai crollo,
o Nike, il tuo ventoso peplo effigia!
La violenza delle tue vestigia
eternalmente anima il sasso brollo.
Quando sul mar di Luni arde la pompa
del vespro e la Ceràgiola è cruenta
sotto il monte maggior che la soggiòga,
sembra che dispetrata a volo irrompa
tu negli ardori e sul mio capo io senta
crosciar la foga dell’immensa foga.

 

Attenzione!
La presente pagina non vuole in alcun modo essere una guida escursionistica o alpinistica, ma un semplice racconto di una giornata e la segnalazione di una bellezza naturale e culturale. Quindi, la presente pagina non sostituisce ma presuppone la consultazione delle guide e della cartografia in commercio. In alcun modo l'autore e il sito si assumono alcuna responsabilità di qualsiasi ordine giuridico e legale per eventuali danni o incidenti. L'uso delle informazioni della
presente pagina sarà sempre a proprio rischio e pericolo. A questo proposito, prima di effettuare le escursioni, si consiglia di chiedere sempre informazioni aggiornate, riguardanti lo stato dei sentieri che si intendono percorrere, alle Sezioni CAI che ne curano la manutenzione.
Ricorda inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni, riportate sul sito, sono prettamente soggettive.

 
Percorso: Dalla Parte opposta la cava Valsora, da strada asfaltata, cresta nord ovest monte Pelato, Passo del Fratino, Passo degli Uncini, sentiero 32, Cava della Tela, Occhio dell'Altissimo, sentiero della Tacca Bianca, Passo del Vaso Tondo, Cave del Fondone, marmifera, Passo del Vestito, Galleria del Vestito, Valsora

 

Come Arrivare : Da Pietrasanta (LU)
Prendi
Piazza Statuto in direzione di Via Provinciale Vallecchia/SP8.
Continua su
Via Provinciale Vallecchia/SP8. Prendi SP9, Via di Arni, Strada Provinciale di Arni e SP13 in direzione di Via dei Colli a Massa. Sulla Destra Cava Valsora
. Via dei Colli, 54100 Massa MS
INDICAZIONI STRADALI
 
 

Sentieri: 
41  Canevara – Antona – Colle della Tecchia – La Strega – Canal d’Angiola – Foce del Frate – Le Gobbie
 
 33     Pasquilio – P.so Focoraccia – P.so della Greppia – P.so degli Uncini - Arni – Rif. Puliti – Madonna del Cavatore – Le Gobbie
               

   143  Foce del Frate (1307m) - Passo degli Uncini (1380m) – Monte Altissimo (1589m) – Passo del Vaso Tondo (1380m)
 

Tempo di percorrenza:  Tempo di percorrenza totale:  circa 7h
Classificazione: Itinerario di media difficoltà molto bello su un versante molto poco frequentato del Monte Pelato.
L' abbastanza definita cresta ovest del Monte Pelato (o di Valsora) è rocciosa, abbastanza ripida e non troppo difficile ma non certo banale...molto 1 – 1+ e un passaggio iniziale di 2° grado quindi nel complesso molto gradevole. La calata dall'Occhio dell'Altissimo è classificata alpinistica impegnativa richiede perfetta conoscenza della calata in doppia. Occorrono due corde da sessanta mt. due tratti abbastanza lunghi completamente nel vuoto.
Il sentiero della Tacca Bianca è una cengia abbastanza facile ma molto esposta, inutile raccomandare la massima attenzione, qui non si può scivolare!!!

Periodo consigliato:  Sicuramente non mentre piove , raccomandabile in primavera estate, fattibile anche in inverno ma meglio senza ghiaccio e neve
 

Acqua: Alle Gobbie Ristorante le Gobbie

Traccia gps           immagine traccia

 
Punti sosta: Nessuno se non il paese di Resceto

 

Eccoci ad una nuova avventura che questa volta ci porterà nel gruppo dell'Altissimo, toccando la vetta di una sua propaggine identificata nella vetta del mote Pelato.
Ci portiamo al paese di Arni e continuiamo su SP 13 in direzione Massa, superiamo la galleria del Vestito e dopo un'altra più corta galleria artificiale lasciamo l'auto nei pressi della cava Valsora.

"Cava Valsora, sulle Alpi Apuane, è conosciuta soprattutto come il luogo da cui si estrae un pregiato marmo bianco utilizzato fin dal tempo dei Romani per realizzare sculture e opere d’arte. Negli ultimi dieci anni, però, è diventata anche l’habitat di una piccola specie animale.
Durante un periodo di inattività durato circa vent’anni, tra gli anni ’90 e il 2010, in una porzione di cava si era formato un vero e proprio lago. Un evento significativo, perché sulle Alpi Apuane è molto difficile trovare zone umide in altitudine. Per via delle pendenze accentuate dei rilievi e del carsismo diffuso, infatti, è difficile che in questa zona l’acqua ristagni per periodi sufficientemente lunghi da creare specchi d’acqua. Ma grazie all’inattività della cava, l’invaso di Valsora è diventato la casa di una consistente popolazione di tritone alpestre apuano (
Ichthyosaura alpestris
ssp. apuana
). "
(
https://www.radarmagazine.net/tritone-apuano-cava-valsora/ )

Per me se ne poteva fare anche a meno di questo baraccone e lasciare in pace quei piccoli e incolpevoli tritoni alpestri apuani.
Dalla parte opposta della strada asfaltata, segnalato con omino, parte un sentiero abbastanza evidente che ci conduce ad una cava, questa ormai dismessa. La superiamo prendendo da qui la cresta nord ovest del monte Pelato.
Procediamo su rocce senza difficoltà, almeno sinché non arriviamo ad un risalto che ci pare assai impegnativo da risalire, decidiamo di aggirarlo sulla sinistra su cengia esposta. Continuiamo su terreno misto tra roccia e paleo secco che rende tutto più scivoloso ma ci permette la famosa tecnica della  paleo traction. Siamo sulla massima pendenza sul filo di cresta, la ripidità si fa sentire. Continuando troviamo un altro tratto un ò più impegnativo e va scelto bene il punto migliore per non avere troppe difficoltà, noi ci siamo tenuti un pò a destra rispetto a filo di cresta. 
 Raggiungiamo il crinale ormai abbastanza appoggiato e tra paleo raggiungiamo la vetta del Pelato a  1330 mt.
 [ Questa è una
modesta montagna che raggiunge i 1330 metri. Il nome deriva dal fatto che la cresta è arrotondata e priva di alberi come pure le sue pendici. Esso si trova sulla cresta che dal Passo dell’Angiola porta alla Focetta del Palazzolo. Questa cresta costituisce confine tra le province di Massa-Carrara e Lucca e, in particolare, tra i comuni di Massa e di Seravezza.  Dalla cresta e dalla vetta si gode buon panorama sul litorale e ottimo sui vicini Sella e Macina, con le loro cave, vie di lizza e costruzioni varie. In basso sono le cave abbandonate del monte Pelato, riattivate di recente.  Il panorama è straordinario sulla zona delle Apuane che va dal monte Maggiore fino al Sumbra e poi sulle Panie e sul vicino monte Altissimo oltre che sul mare, in particolare  un panorama unico sul monte Sella, sul vicino Macina e sulla cresta del Vestito e sulla valle di Renara. Ad occhio nudo si scorgono vie di lizze impressionanti, in particolare la Denham o della Monorotaia e parte della lizza che porta alle cave della Chiesa del Diavolo.Tutto è ancora più valorizzato in una giornata di cielo terso e di ottima visibilità come capita a volte di trovare dopo una bella tramontanata. Dal sito Escursioni Apuane]
Dalla vetta proseguiamo in direzione sud verso la Foce del Frate, dobbiamo seguire il crinale su terreno facile, sul crinale troviamo un vecchio cippo di confine che indicava il limite tra glia antichi territori di Lucca e di Massa. Ora percorriamo il sentiero che ci conduce alla Foce del Frate e successivamente alla cresta degli Uncini. Alla nostra sinistra degrada in piacevoli prati e freschi boschi di faggio mentre nel versante marino è tutto più caotico caratterizzato da molte guglie e pinnacoli  sinistra prati e un bel bosco, alla nostra destra i caratteristici pinnacoli e guglie che caratterizzano la cresta degli Uncini.
Giungiamo, poi, al Passo del Frate/ Passo della Angiola a quota mt. 1327, nome che  deriva  certamente, dalla formazione rocciosa che ricorda la sagoma di un frate.
Il Frate  ci dà il benvenuto, ci rammarichiamo perché sulla formazione rocciosa qualche intelligente ha scritto "Fratino" come se sapere che quello è il Fratino è cosa indispensabile.

Da qui iniziamo a scorgere la costa e da qui si apre una vista magnifica, se il tempo lo permette, sul litorale e voltandoci all'interno spiccano il Sumbra e il Fiocca, riprendiamo la via seguendo il sentiero 143.
Con questo percorso costeggiamo la spettacolare cresta degli Uncini e le vette apuane si mostrano in tutta la loro bellezza: a nord il Sagro, gli affascinanti Contrario e Cavallo, la Tambura, fino a spostarci verso sud con il Sella, il Macina, Sumbra e ancora più a sud il gruppo delle Panie.
Percorrendo facili roccette e camminando sul lato nord rientriamo nel bosco che ogni tanto si apre mostrandoci la costa.
Raggiungiamo così il Passo degli Uncini a quota 1380 mt.
Lasciamo il sentiero CAI e scendiamo nel canalone ala nostra destra, sul lato mare per traccia evidenziata da bolli rossi che in breve gira con direzione sud/est.
Il primo tratto scende tra paleo, detriti assai insidiosi, sulle nostra destra splendide guglie. Attraversiamo verso sinistra in discesa, continuando arriviamo al tratto attrezzato con cavo d'acciaio e anche alcune staffe metalliche che aiutano a superare un risalto. Le cave della Tela e dei Colonnoni sono ormai a vista attraversiamo un ravaneto e giungiamo nel piazzale dove venivano stoccati i blocchi di marmo, ancora ce ne sono conservati, inoltre vi sono ancora due grossi vasconi per la raccolta dell'acqua, interessante anche un edificio sotto roccia (casa d'abrì), presso il quale si può scendere a una grotta con una vasca in marmo per la raccolta dell'acqua.
La cosa più spettacolare è " l'Occhio dell'Altissimo " un'apertura artificiale nella montagna che si apre sul piazzale della Cava della Tacca Bianca e dal quale si gode un bel panorama sul Cavallino di Azzano e sulla costa. Questo intaglio, alto qualche decina di metri all'incrca quasi sessanta mt., è dovuto all'attività dell'uomo alla ricerca del famoso statuario della zona, tra l'altro le cave sottostanti a quella della Tacca Bianca (Fitta e Macchietta) si sviluppano proprio nel ventre della montagna.
Affacciandoci si scorge il piazzale della cava sottostante e in basso sulla destra  l'arrivo del Sentiero dei Tavoloni
che un tempo univa la cava dei Colonnoni  e quella della Tacca Bianca  in quanto le due cave in linea d’aria sono vicine ed erano congiunte da una serie di passerelle dette " I Tavoloni " che sorrette da grossi pali di ferro conficcati nella roccia, sotto un vuoto veramente vertiginoso. Queste costruzioni furono fatte dai cavatori per risparmiare tempo e fatica, senza dovere riscendere al bivio e poi risalire il monte per altri 40 / 50 minuti.
Ormai, purtroppo non resta niente solo i fittoni metallici che reggevano le tavole, sarebbe bello che qualche associazione, magari importante e amministrazioni decidessero di ripristinare tale percorso e magari sfruttare il sito di queste cave come testimonianza della cultura del marmo quando lo sfruttamento non era così invasivo come ai nostri giorni e non perdendo tali testimonianze quando l'incuria e il tempo non lasceranno più niente per ricordare alle generazioni future il sacrificio dei nostri antenati nel portare a casa il pane quotidiano rischiando ogni momento la propria vita.
All'Occhio dell'Altissimo abbiamo il momento clou dell'escursione siamo venuti apposta per fare questa bellissima e adrenalinica calata in doppia. A sinistra, guardando verso il mare, c'è attrezzata una sosta con due spit in buone condizioni, meno i cordini. Leghiamo due corde da sessanta mt. che sapremo poi essere giuste giuste, ne saranno avanzati si o no tre o quattro metri, non di più. La partenza mette subito alla prova, si parte da terrazzino molto detritico e bisogna subito uscire fuori con tutto il posteriore e non starci a pensare tanto. Via si scende, naturalmente prima di partire è obbligatorio controllare più volte che tutto sia stato fatto a regola. Il discensore inizia a lavorare il prusik, nodo "autobloccante" ci dà una sicurezza maggiore in caso di emergenza si bloccherà, ma meglio di no...meglio!
Si arriva abbastanza facilmente ad un primo terrazzino ma calandosi ancora un pò ci troviamo sull'orlo di un lungo salto dritto dritto nel vuoto, dopo circa un decina di metri, forse più, si ritrova un altro terrazzino e subito dopo un altra calata nel vuoto questa un pò più corta ma comunque adrenalinica. La  peculiarità di questa calata è quella di essere dentro la montagna, come essere in grotta. Si arriva in una parte abbastanza pianeggiante e detritica sotto una sorta di ponte di roccia. Bisogna ancora scendere, con questo ultimo tratto, anche questo un pò nel vuoto, giungiamo nel piazzale della famosa cava della Tacca Bianca, a quel che si dice cava frequentata da Michelangelo. Ok siamo tutti e due in fondo, è stata una bellissima discesa in un ambiente spettacolare quelle calate nel vuoto poi danno quella scarica di adrenalina che ti arriva dritta al cervello. Comunque una precisazione c'è da farla qui bisogna davvero fare molta attenzione a non far smuovere sassi maneggiando le corde essendo un taglio artificiale è pieno di detriti, una pietra da una cinquantina di metri non sarebbe la cosa migliore. Comunque è andato tutto bene e possiamo dire che ci siamo davvero divertiti.
Dal piazzale della cava 1200 mt,  passiamo sotto quello che resta dell'antica teleferica a contrappesi che saliva dalla valle di Seravezza, ci testimonia ancora il tipo di lavoro che veniva praticato.
Qui in una nicchia ricavata nella parete della montagna, c'era una scultura raffigurante la Madonna del Cavatore del grande artista Pietrasantino Leone Tommasi che nel 1979 fu rimossa e portata alla località La Polla, nel versante seravezzino, dove venne costruita una cappellina in suo onore.
Recentemente con la lungimiranza e la passione per la montagna della nipote del grande artista, Paola Tommasi, è stata posta nell'originale nicchia, appunto della Tacca Bianca, una copia fedele in resina che allo sguardo appare in tutto e per tutto in marmo. Uno splendido lavoro.

Il giorno dell'inaugurazione c'è stata una cerimonia che ha portato alle cave di bianco della Ditta Henraux un centinaio tra appassionati di montagna, fedeli e soprattutto famiglie legate all’antico lavoro dell’escavazione del marmo.
Ma torniamo a noi: devo dire che proviamo una certa emozione nel sapere che questi luoghi sono stati visitati da artisti come Michelangelo, scegliendo lui stesso quali blocchi per le sue sculture .
Questa cava veniva raggiunta dai cavatori di Arni salendo dall’alto del  paese apuano al Passo del Vaso Tondo, valico a quota 1380 sulla cresta est dell’Altissimo, per poi scendere un ripido vallone per un centinaio di metri e quindi raggiungere la cava sfruttando una cengia scavata nella parete che la taglia  orizzontalmente.
E' questo il percorso che ci accingiamo a percorrere; come già detto si tratta di un tragitto relativamente facile ma al quanto esposto, molto esposto! Noi lo affronteremo nel senso inverso, cioè dalla Tacca Bianca al Passo del Vaso Tondo.
Come già detto il sentiero, ovvero la cengia si snoda sulla ripidissima parete ovest dell’ Altissimo lunga circa 500 mt. e larga dai 70 a 80 cm. max. Una volta sulla parete c’ erano dei cavi che potevano fare sicurezza, ora non è rimasto che qualche raro chiodo un  arrugginito, non è di per se difficile ma è sconsigliato per le persone che soffrono di vertigini; la forte esposizione ci obbliga a proseguire con cautela visto l'esiguità della larghezza.
Usciti dal Vaso Tondo una ripida salita in un canale, il Vaso Tondo, ci porta in breve tempo sulla cresta che guarda le cave delle Cervaiole e precisamente al Passo omonimo
( 1471 mt).
Da qui transita il 143 che potrebbe portarci in vetta all'Altissimo ma visto il percorso che dobbiamo fare per recuperare l'auto preferiamo scendere sino alle cave del Fondone e da qui seguendola marmifera ci portiamo al passo del Vestito. Ora forse viene la parte più pericolosa della giornata: percorrere la lunga galleria non illuminata. Prendiamo le frontali e segnaliamola nostra presenza, per fortuna di lato c'è una sorta di marciapiede, non sempre praticabile. devo dire che le poche auto in transito si sono comportate tutte bene in quanto hanno rallentato vedendo due matti che procedono al buio in una galleria.
Usciti dalla galleria dall'auto ci separano solo poche centinaia di metri per arrivare dove abbiamo parcheggiato.

Anche oggi è stata una giornata memorabile sia per il percorso, sia per i panorami, ma soprattutto perché siamo consapevoli che tanta bellezza rimarrà nei ricordi negli occhi e nel cuore indelebilmente.
La consapevolezza, però, è anche quella della continua devastazione di questi luoghi. Quando una presa di posizione, le autorità perché latinano?
Alla prossima! 
 


Foto escursione   kk