07/09/2025  
Pizzo delle Saette dal Canale Centrale

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Più in alto l'azzurro profondo del cielo non mi dice la gioia. 
Vorrei somigliarvi superbe montagne che amo. 
Vorrei come voi alzare i miei fianchi poderosi al cielo, stendere sopra le valli eterni ghiacciai immobili. 
Vorrei come voi rimanere, imitando l'eterno. 
Ma il mio destino è lo stelo di un fiore e una foglia d'autunno nell'aria che vibra.
 
( tratto da montagna vissuta a cura di Achille Quarello)

 


Attenzione:

La presente pagina non vuole in alc
un modo essere una guida escursionistica o alpinistica, ma un semplice racconto di una giornata e la segnalazione di una bellezza naturale e culturale.
Quindi, la presente pagina non sostituisce ma presuppone la consultazione delle guide e della cartografia in commercio. In alcun modo l'autore e il sito si assumono alcuna responsabilità di qualsiasi ordine giuridico e legale per eventuali danni o incidenti. L'uso delle informazioni della
presente pagina sarà sempre a proprio rischio e pericolo. A questo proposito, prima di effettuare le escursioni, si consiglia di chiedere sempre informazioni aggiornate, riguardanti lo stato dei sentieri che si intendono percorrere, alle Sezioni CAI che ne curano la manutenzione.
Ricorda inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni, riportate sul sito, sono prettamente soggettive.

 
Percorso:  

 

Come Arrivare :    Da Seravezza si segue la strada di fondovalle del Serra e in località Ruosina si svolta a sinistra per salire lungo la rotabile del Cipollaio. La strada di inerpica lungo le pendici meridionali del Corchia fino a raggiungere il paese di Levigliani (m. 582), la strada sale lasciando a sinistra il bivio per Terrinca (m. 517), poco dopo il bivio, si svolta a destra per una larga strada asfaltata che risale le pendici del Corchia (m. 1677)  fino a giungere al del Passo Croce. Si prosegue tenendo la sinistra,  che ben presto diventa sterrata. 

INDICAZIONI STRADALI


   


Punti sosta: Rifugio del Freo CAI Viareggio

Traccia gps       immagine traccia
 
 
 

Sentieri:
 126       Foce di Mosceta – Il Caccolaio – Le Gorfigliette – Callare della Pania - Focetta del Puntone

141   ex129  Ponte dei Merletti – Càmpanice – Fociomboli – Rif. Del Freo – Foce di Mosceta 

Tempo di percorrenza:  Tempo di percorrenza totale:  circa 6,49h

 

  Acqua: Presso la Foce di Mosceta sul  sentiero n° 128 vi è una fonte, segnalata.

Periodo consigliato: 
tarda primavera _ Estate, fattibile anche in inverno con attrezzatura da neve e soprattutto conoscenza nell'uso e progressione su neve ghiaccio

Classificazione
:

Itinerario riservato a chi ha dimestichezza di progressione su terreno apuano, fuori sentiero e con capacità d'orientamento

Difficoltà: EE

 

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Il Canale Centrale sul versante occidentale del Pizzo delle Saette è considerato l’itinerario più semplice per accedere alla montagna in invernale da quel lato ma anche in estate offre un ambiente severo, selvaggio e panoramico, con pareti ripide, canali rocciosi, passaggi esposti e roccia instabile,  punti di interesse sono: il Canalone Centrale, le Cenge dei Partigiani, la Cresta del Serpente  tutti elementi di forte interesse alpinistico.
Partiamo di buon ora per portarci a Passo Croce e successivamente alla località Fociomboli.
Prendiamo per Seravezza seguendo la strada di fondovalle del Serra e in località Ruosina  svoltiamo a sinistra per salire lungo la rotabile del Cipollaio lungo una strada sulla quale una volta passava il tre
nino dei marmi che dalla zona di Arni portava i blocchi ai moli caricatori attraversando la galleria del Cipollaio. La strada si inerpica lungo le pendici meridionali del Corchia fino a raggiungere il paese di Levigliani (m. 582), borgo di cavatori e meta ideale per raggiungere sia il Corchia che la Pania attraverso  il caratteristico sentiero a tornanti molto conosciuto detto "Le Voltoline"; dopo Levigliani la strada sale lasciando a sinistra il bivio per Terrinca (m. 517) mentre noi, poco dopo il bivio, svoltiamo a destra per una larga strada asfaltata che risale le pendici del Corchia (m. 1677) attraversando una zona chiamata Pian del Lago fino a giungere ai 1.160 m. del Passo Croce dove si apre uno stupendo panorama su varie vette della catena apuana.
Passata una marginetta sulla destra troviamo un bivio, noi proseguiamo sulla sinistra che ben presto diventa sterrato, proseguiamo sin quasi al Passo di Fociomboli ma all'ultima curva la strada diventa molto dissestata, lasciamo l'auto in prossimità del sentiero n° 129 al bivio per Ponte merletti e Mosceta in prossimità di una marginetta, davanti a noi gli splendidi Torrioni del Corchia meta ambita dagli alpinisti.

Ci prepariamo per la nostra escursione e subito partiamo, raggiungiamo in pochissimi minuti Fociomboli e continuiamo sulla strada sterrata che porta alle cave del retro Corchia.
Di fronte si profila il Corchia, dietro abbiamo il Freddone e sulla sinistra prima il Rovaio e poi la Pania.
Sulla sinistra parte il sentiero ex 129,oggi 141; ci inoltriamo nel fitto bosco di faggi, camminiamo ammirando la natura di questi splendidi monti costeggiamo tutto il Corchia sino ad uscire dal bosco e siamo sopra la Foce di Mosceta con i suoi bellissimi prati, scendiamo verso il rifugio CAI  Del Freo attraversando un rimboschimento di abeti e larici. 
Superiamo il rifugio e proseguiamo verso la Foce di Mosceta ma prima facciamo una lieve deviazione per raggiungere la sorgente sul sentiero 128, attraversiamo la zona umida sottostante e siamo alla Foce da dove prendiamo il sentiero 126 che sale alla Pania.

E' ancora  buon mattino, quando l’aria è ancora fresca e il sole accarezza appena i prati attorno al rifugio Del Freo. Raggiungiamo la Foce di Mosceta e prendiamo il
sentiero 126, quello che traversa sotto le pareti occidentali del Pizzo delle Saette: un percorso che regala subito viste aperte sulla Versilia e sul mare, laggiù in fondo.
Camminando in costa, il sentiero si insinua tra paleo e rocce; dopo una ventina di minuti ci troviamo di fronte al grande
imbocco del Canale dell’Inferno: una specie di corridoio erboso e detritico che sale dritto verso la cresta. Proseguiamo ancora qualche minuto sul 126, appena prima del boschetto di faggi, un piccolo ometto di pietre ci indica che è il momento di lasciare il tracciato principale.
La traccia che imbocchiamo non è segnata dal CAI, ma ci sono numerosi
ometti che danno sicurezza della direzione. Questa traccia conduce alla Torre Francesca, zona frequentata da climber. Saliamo su prati ripidi, interrotti da brevi gradoni rocciosi. Sino ad adesso abbiamo camminato più o meno alla stessa quota su traccia a volte evidente altre meno. Ci troviamo in un tratto esposto dove è stata posizionata una corda fissa, un pò datata, dopo un tratto orizzontale esposto dobbiamo scendere in un canalino con terreno franoso, comunque si passa abbastanza facilmente.
Poco a poco ci portiamo sul
costolone che divide il Canale dell’Inferno da quello Centrale. È un terreno selvaggio, fatto di erba scivolosa e rocce rotte, che richiede attenzione e passo fermo.
Guadagnata la cresta, lo sguardo si apre di colpo: a sinistra, in basso, il buio del
Canale Centrale; a destra, il vuoto dell’Inferno. Davanti a noi, la dorsale continua a salire, sempre più affilata, e invita a seguirla. Ci muoviamo con calma, aiutandoci con le mani su qualche passaggio di I° grado. L’ambiente è severo, ma al tempo stesso spettacolare.
Dopo una mezz’ora di salita lungo il costolone, finalmente appare lei: la
Torre Francesca, elegante guglia calcarea che si stacca come un dente dalla cresta.
Siamo nel Canale Centrale e dobbiamo risalirlo sino alla cresta di vetta, ma una sosta per ammirare tanta bellezza non può mancare, il vento porta con sé profumi di erba e roccia calda. La Torre Francesca non è una cima famosa né frequentata, ma ha un fascino tutto suo: sembra quasi di aver scoperto un piccolo segreto delle Apuane.
Iniziamo a salire la lunga e faticosa risalita del canale su terreno misto di paleo, roccette e detriti con un tratto su placche di II+ (aggirabile) e altri due salti di II° , nel secondo è presente una corda fissa, abbiamo evitato di tirarci su da questa in quanto molto mal messa.
Ripresa la salita, ci addentriamo verso il cuore del versante ovest delle Saette. Le tracce diventano sottili, appena accennate tra erba e rocce. È qui che si incrociano i percorsi delle Cenge dei Partigiani, due linee sospese e coraggiose che tagliano in orizzontale la parete: le basse, più vicine al fondo del vallone, e le alte, aeree e spettacolari, un filo di terra e roccia sospeso nel vuoto. Ci fermiamo un momento ad immaginare le storie e i passaggi di chi, in tempi duri, le percorse in fuga o in lotta.
Continuiamo per 
Canale Centrale sempre ripido anche se non difficile, però Ogni volta che alziamo lo sguardo, la cresta sembra avvicinarsi, eppure resta sempre un po’ più in là.
Infine  termina in alto con un grande imbuto detritico ed erboso, racchiuso da paretine e costoni laterali. La pendenza, già sostenuta (40–45°), aumenta man mano che ci si avvicina all’uscita, e l’ambiente diventa più severo. L’ultima sezione è costituita da ghiaioni mobili e placche erbose molto ripide. Qui è necessario procedere con calma, perché i sassi instabili rendono il passo insicuro.
La traccia diventa sottile, quasi sparisce. A tratti le mani cercano un appiglio tra le rocce affioranti, mentre i sassi instabili rotolano giù con un tonfo secco. È un terreno traditore: non difficile, ma severo. A sinistra, dietro una spalla rocciosa, intravedo la linea sottile delle
Cenge dei Partigiani; sembra un sentiero sospeso nel vuoto.
Riprendiamo la salita, piegato in avanti, quasi in quattro zampe. L’aria si fa più fresca, il vento arriva dalla cresta e porta con sé l’odore del mare. Il canale si allarga, si apre in un imbuto luminoso: è l’uscita. Con un ultimo sforzo e afferrando  roccia e paleo con le mani, conquisto finalmente il filo del crinale.
All’improvviso il mondo cambia. La vista si spalanca a oriente: sotto di me la Garfagnana, verde e profonda, e davanti le sagome delle Apuane settentrionali. Sento il vento sul volto e un brivido di gioia corre lungo la schiena.
Siamo sul sentiero normale per la vetta del Pizzo delle Saette contrassegnato da bolli azzurri, su terreno franoso; in pochi minuti siamo in vetta.
Un ometto di pietre segna la cima, e ci sediamo accanto ad esso. Tutta la fatica rimane nel canale alle nostre spalle: adesso c’è solo silenzio, orizzonte e la sensazione di aver vissuto uno degli angoli più autentici e selvaggi delle Apuane.
Il panorama dal Pizzo, vetta ardita e non molto frequentata dagli escursionisti, è stupendo. Ben visibili molte cime della Apuane settentrionali in particolare il Sumbra, il Fiocca, il Sella, il Macina, il Freddone, l’Altissimo ed il Corchia. e poi il mare, il lago di Isola Santa e il campanile del paesino abbandonato di Col di Favilla, circondato da castagneti secolari.
Abbiamo bighellonato anche troppo e dobbiamo ripartire, scendiamo per il canalino già percorso in precedenza e dobbiamo fare molta attenzione in quanto è messo male su sfasciumi che rendono la discesa problematica. Superato il bivio con il sentiero n° 139 per la Pianizza proseguiamo ancora per alcuni metri e sulla destra parte una traccia poco evidente ma segnalata da un " omino" di pietra ed evitiamo la cresta, non tanto per non fare la cresta ma per accorciare il percorso, infatti questo percorso ci porta un bel po' più in basso del Callare della Pania.
Infatti camminiamo per prati, rocce e sfasciumi. Su questa traccia anticamente era posto un bivacco/rifugio di cui non riesco a trovare notizie e se qualcuno ne conosce la storia e volesse girarmele ne sarei grato.
Mentre mi allontano dai ruderi, il vento sembra portare con sé le storie di chi ha percorso queste montagne prima di me.
Il bivacco è scomparso, ma il suo ricordo rimane impresso in ogni pietra e in ogni cresta. La montagna continua a raccontare la sua storia, silenziosa e implacabile, e io porto con me la memoria di questo piccolo angolo dimenticato. Attraversiamo un ultimo ravaneto giungiamo al sentiero n° 126 che  ci condurrà agevolmente alla Foce di Mosceta.
Proseguendo il cammino torniamo sui passi percorsi al mattino sul sentiero 141 ex 129 e in meno di un'ora siamo alla nostra auto.
Con il rientro alla nostra auto si chiude questa giornata intensa, tra fatica, paesaggi selvaggi e panorami spettacolari. Il Pizzo delle Saette ci ha regalato l’emozione di una salita faticosa ma mai noiosa, tra canali ripidi, creste affilate e tracce antiche che parlano di storie passate. La memoria del vecchio bivacco, ora solo rudere, ci ha ricordato quanto queste montagne siano capaci di custodire segreti e storie silenziose.
Questa escursione non è stata solo un itinerario da percorrere, ma un incontro con un ambiente severo e autentico, capace di far sentire piccoli davanti alla grandezza delle Apuane. Tornando indietro lungo i sentieri già battuti, portiamo con noi il ricordo di un giorno in cui la natura, la fatica e la scoperta si sono fuse in un’unica esperienza memorabile.

Alla prossima 
       

    Foto escursione  jj