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Attenzione!
La presente pagina non vuole in alcun modo essere una guida escursionistica o alpinistica, ma un semplice racconto di una giornata e la segnalazione di una bellezza naturale e culturale.
Quindi, la presente pagina non sostituisce ma presuppone la consultazione delle guide e della cartografia in commercio. In alcun modo l'autore e il sito si assumono alcuna responsabilità di qualsiasi ordine giuridico e legale per eventuali danni o incidenti. L'uso delle informazioni della
presente pagina sarà sempre a proprio rischio e pericolo. A questo proposito, prima di effettuare le escursioni, si consiglia di chiedere sempre informazioni aggiornate, riguardanti lo stato dei sentieri che si intendono percorrere, alle Sezioni CAI che ne curano la manutenzione.
Ricorda inoltre che tutte le valutazioni circa le difficoltà delle escursioni, riportate sul sito, sono prettamente soggettive.

 
Percorso:  Punto di partenza/arrivo: Forno (MS) – Località Vergheto (540 m)
 Itinerario: Vergheto – Sentiero 38 – Foce Luccica – Case dei Pisani – Case al Riccio – Lizza alta per la Tecchiarella – Discesa per la lizza bassa – Ritorno sul 38 – Via di lizza per le Cave dello Spallone – Foce Luccica – Vergheto

 

Come Arrivare :

Come arrivare al Vergheto da Massa

Da Massa centro si segue via Bassa Tambura o via San Leonardo, imboccando la SP4 in direzione di Altagnana e Forno.

Si risale la valle del Frigido, attraversando le frazioni di Altagnana e Guadine, sempre seguendo le indicazioni per Forno.

Superato il paese di Forno, si prosegue oltre il ponte sul torrente e si imbocca la stretta strada asfaltata che sale verso il Vergheto, segnalata e percorribile con attenzione.

La strada, a tratti ripida e tortuosa, conduce al Vergheto, piccolo spiazzo con alcuni posti auto, punto di partenza per Foce Luccica e le vie di cava.


INDICAZIONI STRADALI



Punti sosta: Nessuno

Traccia gps       immagine traccia
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Sentieri:
 38 Colonnata – Case del Vergheto – Foce Luccica – Foce di Vinca –
Pian di Maggio – Strada della Todt – Le Prade – Vinca

 

 

Tempo di percorrenza:  Tempo di percorrenza totale:  circa 6,40h

 

  Acqua: Al paese d Forno, non presente lungo il percorso

Periodo consigliato: 
Tarda primavera, in estate con buona scorta d'acqua, e i primi mesi autunnali

Classificazione
:

Itinerario in ambiente selvaggio sulle Alpi Apuane, riferita a persone abituate a camminare su terreno apuano, utile l'uso del GPS
.

Difficoltà: EE

Lunghezza
: 9 km
 Dislivello complessivo: 800 m
 Tempo di percorrenza: 6h 40’

 Difficoltà: EE (Escursionisti Esperti)
– Tratti di lizza crollata ed esposta
– Brevi passaggi su ravaneti instabili
– Vie non segnalate e a tratti difficili da individuare
– Necessaria ottima esperienza escursionistica, passo sicuro e abitudine a terreni disagevoli

 Caratteristiche del percorso:

  • Antiche vie di lizza ancora riconoscibili

  • Accesso a cave dismesse e manufatti storici

  • Ambiente solitario e selvaggio, senza frequentazione

  • Tratti di esplorazione su terreno impervio

 Attenzione:

  • Le vie di lizza possono presentare tratti franati o instabili

  • Il percorso non è segnalato nelle sue varianti sulle lizze

  • Escursione riservata a chi ha conoscenza del territorio o con accompagnatori esperti

 Consigliato per chi cerca:

  • Itinerari storici e ambientali fuori dai percorsi battuti

  • Contatto diretto con la memoria dei cavatori

  • Un’esperienza autentica e impegnativa sulle Apuane

Note:
Un viaggio a ritroso nel tempo, sulle tracce dei cavatori apuani, quando le cave erano luoghi di lavoro, fatica e rispetto per la montagna. Un’esperienza che oggi si contrappone alla moderna escavazione industriale, riscoprendo le antiche vie di marmo tra natura e storia.

 



«Non una guida, ma un racconto. Una traccia di passi impressi su pietra, sudore e silenzio. Nessuna pretesa d’insegnare: solo la voglia di raccontare un viaggio tra cave e altopiani dimenticati.»
Un'escursione per chi ama l’avventura fuori traccia e la memoria di cava
Dove il marmo e la fatica hanno scolpito la montagna  un itinerario che mescola sentieri segnati e antiche vie di lizza, alla scoperta delle cave abbandonate del Sagro. Camminamenti sospesi, scorci spettacolari e silenzi che raccontano storie di cavatori: un anello per escursionisti esperti, dove ogni passo porta in un pezzo di storia nascosta delle Apuane

Sulle tracce dei Cavatori – Le Lizze del Sagro, un anello d’avventura nel cuore segreto delle Apuane      

Ci sono luoghi dove la montagna non si è mai concessa facilmente all’uomo. Sopra Forno, in quella valle che da secoli conosce il rumore della fatica, imbocchiamo il sentiero 38 al termine della strada che sale al Vergheto, antico borgo di cavatori. Da qui, la vista abbraccia lo Spallone del Sagro e la severa cresta della Sverzulina: montagne dure, scavate e vissute, dove il sudore si è confuso con la roccia.
Il sentiero 38 ci accoglie nel silenzio del bosco e, in breve, ci conduce alla Foce Luccica, snodo di valichi e passaggi segreti.
Qui si respirano le storie della montagna operaia, quella degli uomini che ogni giorno sfidavano la roccia per strappare alla terra blocchi di marmo.

Proseguiamo verso nord: la traccia si dirige a Foce Rasori,  noi dobbiamo  raggiungere i ruderi già visibili in lontananza della Casa dei Pisani e poi le Case al Riccio, testimonianze di vite dure vissute ai margini del possibile. Sono costruzioni aggrappate alla montagna, mute sentinelle di un’epoca in cui la cava era un mestiere e un destino.
Il sentiero si fa via d’avventura: il tracciato è infrascato, le buche laterali sembrano trappole pronte a inghiottire il passo distratto. Avanziamo verso il canale Bore di Sagro, e poco dopo abbandoniamo il sentiero segnato per inseguire la prima delle antiche lizze, quella più alta.
Il terreno si fa selvaggio: un ravaneto ci costringe a salire su detriti mobili, poi ci pieghiamo verso destra su una costola erbosa che si confonde tra roccia e ghiaia. Lassù, sotto alberelli, compare il muraglione di contenimento silenzioso monumento alla fatica di chi qui lavorava senza senza motori o congegni tecnologici, solo con le mani e la forza del corpo e soprattutto l'ingegno umano.
Saliamo sulla lizza, un’esile traccia di pietra viva che sale senza concessioni. Qui i cavatori trascinavano a valle i blocchi legati con funi avvolte a " piri " in legno. Era un lavoro ai limiti dell’impossibile, quando la montagna si lavorava con rispetto e paura, non con la prepotenza predatoria di oggi.
Alla Tecchiarella, la cava ci appare come un relitto del passato, sospeso nel tempo. Il vento sussurra tra i tagli abbandonati, e sembra di sentire ancora le urla, i canti, il frastuono delle slitte cariche di pesantissimi blocchi marmo. Giunti al culmine della lizza si prosegue aggirando un torrione sulla destra e salendo un pò raggiungiamo il piazzale di un'altra cava con un rudere, un caratteristico piccolo lavandino e vasca scolpiti nel marmo. La discesa ci aspetta, su una seconda lizza  più bassa, ma rovinata dal tempo  che ci obbliga a passaggi esposti, roccette friabili e tratti in equilibrio precario.
Rientrati sul 38, ci fermiamo appena prima delle Case al Riccio, ma l’anello non è ancora chiuso: una terza, ripida via di lizza ci tira su per l’ennesima volta, direzione cave dello Spallone. Qui il panorama si apre su un reticolo di stradelli e camminamenti sospesi fra cielo e pietra. Luoghi che raccontano di vite spese sulla lama di un coltello, dove ogni blocco era una sfida contro la morte.
Muovendoci in quota tra vecchi piazzali e tagli dimenticati, sentiamo addosso il peso di quelle storie, di un lavoro che un secolo fa era insieme arte e condanna. Oggi queste vie sono silenziose, ma allora erano percorse da uomini che si giocavano tutto per pochi spiccioli, in un equilibrio sottile tra il vivere e il lasciarci la pelle.
Infine, il ritorno sul sentiero 38 segna la fine della nostra esplorazione. Le gambe sono stanche, ma la mente è piena di quella vertigine che solo le montagne vere, quelle senza compromessi, sanno regalare.
Rientrare al Vergheto, passando di nuovo per Foce Luccica, è come chiudere un cerchio: un tributo silenzioso ai cavatori e alla loro epopea di fatica e ingegno.
Un itinerario per chi cerca l’autenticità Apuana che non si piega all’escursionismo facile: un anello che racconta la bellezza nascosta dei sentieri dimenticati, delle cave silenziose e delle vie di lizza che un tempo risuonavano del canto dei cavatori.

Camminando qui, si ha la sensazione di scoprire qualcosa che stava aspettando proprio noi.

📌 Le Vie di Lizza

Le vie di lizza erano gli arditi tracciati su cui i cavatori trasportavano a valle i blocchi di marmo. Realizzate con pendenze spesso superiori al 30%, si snodavano lungo i versanti più impervi, seguendo traiettorie studiate per sfruttare la forza di gravità. I blocchi scendevano su slitte di legno, frenate da corde e paranchi. Oggi molte di queste vie sono scomparse o inghiottite dalla vegetazione, ma alcune, come quelle incontrate lungo questo percorso, restano percorribili e custodiscono una memoria preziosa.

📌 La Cava della Tecchiarella

Posta in posizione isolata sul versante sud-est del Sagro, la cava della Tecchiarella è uno degli angoli più remoti e suggestivi della zona. Poco nota e ormai inattiva, conserva ancora i segni delle lavorazioni di fine Ottocento. Raggiungerla per le antiche vie di lizza significa immergersi in un silenzio che racconta di fatica, ingegno e coraggio, in un ambiente di straordinaria suggestione.

Un itinerario per escursionisti esperti in cerca di autenticità. Dove il marmo e la montagna si incontrano in una danza di memoria e fatica. Un diario per chi vuole ascoltare ciò che le Apuane sanno ancora raccontare.

Alla prossima
 
     

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    Foto escursione  jj