Oggi, finalmente, dopo tante
volte in cui ci avevamo pensato e ripensato,
è arrivato il momento di tentare questa
escursione. Sapevamo che sarebbe stata
impegnativa, sia per il dislivello che per
la natura aspra del terreno, ma il richiamo
dell’avventura era troppo forte. La nostra
meta: il Canale Sud-Est, uno dei percorsi
più selvaggi e spettacolari della zona. Le
relazioni lette parlavano di panorami
mozzafiato e di un’esperienza fuori dal
comune. Non ci serviva altro.
Raggiungiamo Fornovolasco di
buon’ora, e ci dirigiamo verso il Parco
Avventura del Battiferro. Superato un
ponticello, lasciamo l’auto in uno spiazzo
dove partono diversi sentieri CAI: il 6, il
12 e il 130. È quest'ultimo che imbocchiamo.
La prima parte del cammino è una
tranquilla sterrata, ma ben presto arriva il
bivio: a destra si va verso Casa Stefanina,
a sinistra prosegue il 130 per i Prati di
Valli. Prendiamo a sinistra ed è subito
sentiero vero, il fondo è ancora buono,
anche se qualche tronco caduto ci costringe
a scavalcare o a strisciare sotto i rami. Al
ritorno incontreremo i volontari del CAI di
Lucca intenti a liberare il passaggio: un
ottimo lavoro!
Proseguiamo nel fitto del bosco,
allegri e carichi di entusiasmo. Troviamo
una sorgente, la Fonte del Pruno — l’unica
che incontreremo lungo il tragitto. Il
sentiero prosegue a tornanti fino a un bivio
poco visibile, dove lasciamo un piccolo
ometto di pietre a segnare il passaggio.
La vegetazione si infittisce e
poco dopo arriviamo ai ruderi di Case
Piancese. Qui ci troviamo un po’ spaesati:
il sentiero, inghiottito dai rovi, sparisce.
Chi proponeva di andare a destra, chi a
sinistra. Scegliamo la destra, dietro
l'ultima casa. Scopriremo poi che a sinistra
sarebbe stato forse più diretto, ma poco
importa: alla fine sbuchiamo in una grande
radura circondata dal bosco, raggiunta
seguendo un crinale facile e intuitivo.
Pieghiamo leggermente a
sinistra, puntando a un altro crinale
roccioso. Salendo, troviamo una cavità
segnalata dagli speleologi della Garfagnana:
è la Buca del Ritorno. Dopo un breve tratto
pianeggiante, prendiamo un sentiero netto
che svolta a destra verso il Canale Porreta,
che attraversiamo senza difficoltà.
Da qui la salita si fa più
ripida, tra alberi e ciuffi di paleo. Più si
sale, più la vegetazione si dirada, e il
panorama si apre: di fronte a noi la
muraglia imponente che dalla Pania della
Croce arriva fino alla Pania Secca. Alzando
lo sguardo, ci sentiamo minuscoli di fronte
a tanta maestosità.
Alle nostre spalle, uno sguardo
regala la vista sul Monte Croce, sul Sasso
Lungo, sulla Gialunga e più lontano
sull'inconfondibile profilo del Monte
Forato.
Il sentiero si anima di
fioriture: orchidee, giunchiglie,
globularie... e un’infinità di ramarri,
splendenti nel loro verde smeraldo.
Avvistiamo anche daini e caprioli.
Saliamo ancora e, a sorpresa,
troviamo i resti di una vecchia carbonaia:
un dettaglio che ci racconta storie di
fatica umana in un luogo oggi così remoto.
Il crinale si fa sempre più
roccioso. Incontriamo formazioni curiose,
tra cui una guglia aguzza che sembra
indicarci la via. Ora siamo proprio sotto
l’Omo Morto.
Secondo la relazione che avevamo
studiato, il canale da imboccare è più a
destra. Così aggiriamo uno sperone roccioso
sulla sinistra e poi, arrampicando su facili
rocce.
Una parete gialla ben
riconoscibile ci guida. La costeggiamo, poi,
scendendo leggermente, superiamo un sasso
incastrato con qualche passaggio delicato:
il terreno è instabile e ogni appiglio va
testato.
Costeggiamo questa parete e andiamo avanti
scendendo leggermente e arrivati ad un sasso
incastrato ci arrampichiamo facilmente,
occhio però, materiale smosso e instabile.
A questo punto
abbiamo qualche difficoltà nel capire quale
canale dobbiamo prendere, anche con il gps
non è facile capire dove andare,
individuiamo un canale proprio sotto il naso
dell' Omo Morto, che poi si rivela a
sinistra ( senso di marcia) di quello che
avremmo dovuto percorrere o meglio quello
che era descritto nella relazione. Proviamo
ad attaccare in più posti ma ogni volta
dobbiamo scendere e riprovare, dopo tre
tentativi troviamo una via possibile e
iniziamo a salire.
Capiamo subito
che non sarà una passeggiata e adesso
l'attenzione deve essere massima, il terreno
e molto terroso inoltre si tratta di terra
bagnatissima e quindi scivolosa, le rocce
vanno tastate attentamente, molte volte ci
vengono via, il paleo che sarebbe un buon
aiuto per aiutarci a salire ancora non è
rigoglioso e non dà molto affidamento
aggrapparsi per issarsi. Comunque stando
bene attenti e concentrati continuiamo a
salire. Le difficoltà comunque, come già
detto sono la ripidezza e la pessima
stabilità del terreno; volgendo lo sguardo
indietro l'abisso è impressionante. Andando
avanti ci avviciniamo sempre più al crinale
sommitale e sarebbe possibile prendere due
pendii, ancora ripidissimi, uno a destra uno
a sinistra. noi decidiamo per sinistra.
Traversiamo ora tra paleo, e ci dirigiamo
verso la cresta. Finalmente la raggiungiamo
proprio a sinistra del Naso.
Traversiamo ora tra paleo, e ci
dirigiamo verso la cresta. Finalmente la
raggiungiamo proprio a sinistra del Naso.
Avevamo letto che sul versante sud esiste
una traccia su cengia, traccia sicuramente
creata dal passaggio di animali. Decidiamo
di prendere questa direzione. Il percorso
non è tecnicamente difficile ma inutile dire
che anche qui l'attenzione deve essere
massima, sotto di noi si apre un vertiginoso
baratro.
Superiamo un passaggio roccioso che
passa proprio sotto il Naso e qui troviamo
una Croce di ferro, alta un paio di metri,
in buono stato. chi sa dov'era
originalmente? Non è piegata come ci si
aspetta se fosse stata divelta dal vento,
boh! Comunque Fabio che è burbero ma dal
cuore grande, si prende la croce sulle
spalle e risale il ripido pendio sbucando
tra il Naso e il Mento dell'Omo Morto.
Proseguiamo ancora sulla cresta adesso
abbastanza pianeggiante e appena prima del
mento, (1678
metri, punto più alto dell'escursione e vera
cima dell'Omo Morto). Appena prima,
in un punto pianeggiante posizioniamo la
croce fermandola con numerosi sassi. Se
qualcun altro passerà di qui, speriamo che
aggiunga ancora qualche pietra come
rinforzo.
Facciamo una breve sosta:
mangiamo, beviamo, respiriamo il panorama.
Di fronte a noi, la Pania della Croce domina
la scena, mentre sotto di essa si spalanca
l’orrido della Borra di Canala. Riprendiamo
tenendoci spostati sul versante sud
scendendo un risalto roccioso facile ma da
fare con cautela al termine del quale siamo
alla Focetta del Puntone da dove partono
diversi sentieri, noi prendiamo il CAI 7 che
seguiamo sino al passo degli Uomini della
Neve qui era nostra intenzione scendere
dalla cresta est della Pania della Croce,
cresta che noi conosciamo solo per averla
percorsa per arrivare in vetta alla Pania o
viceversa ma mai la porzione sottostante.
Ora ci consultiamo e la nostra scarsa
conoscenza di questo percorso e il
cielo che si sta' caricando di neri nuvoloni
decidiamo di continuare su sentiero
portandoci alla Foce di Valli, importante
punto di comunicazione: tra la Media Valle
del Serchio e la Versilia infatti collega
Fornovolasco con Cardoso. Continuiamo su
sentiero e iniziamo a scendere in una vasta
prateria con il suo caratteristico isolato
albero di faggio alla sua base. I tornanti
si susseguono ininterrottamente su percorso
abbastanza noioso. Finalmente giungiamo
all'alberello e ci rifocilliamo un po' e poi
prendiamo il sentiero 130 , Un
bel sentiero che si snoda nel bosco che in
un'ora e mezza ci porta al punto di
partenza.
Si conclude così questa
splendida avventura, dura, inusuale,
vera.
Torniamo a casa con il cuore
pieno di ricordi e la consapevolezza di
aver superato una prova che, ancora una
volta, ha rafforzato la nostra amicizia
e il nostro amore per la montagna.
Fonti Wikiloc - Lorenzo Verdiani